L'autostima come esperienza concreta


L'autostima come esperienza concreta
di Raffaele Iannuzzi -

"L' autostima è un fiore che va annaffiato ogni giorno", ha osservato con saggezza Willy Pasini. Così è, infatti, basta semplicemente entrare in contatto con se stessi, cioè osservarsi senza giudicarsi, come insegnano i grandi maestri orientali, per accorgersi che quella strana paroletta così carica di suggestioni, "autostima",fa riferimento a qualcosa di molto concreto che richiede tempi adeguati di sviluppo e di maturazione.
L' autostima è sempre legata alla dinamica di crescita della personalità, a quel processo complesso ed affascinante che Jung definiva "individuazione", vale a dire sano riferimento al proprio Sé. Ma questo è appunto un percorso, nessuno nasce con il corredo di individuazione e di autostima già pronto ed incartato; ogni fase della vita richiede un training, un lavoro personale per giungere ad un livello maturo e stabile di autostima.
Il primo punto da cogliere interessa la differenza tra una deriva narcistica e la vera e propria autostima. Il narcisismo è, nella concreta realtà dell' individuo, una modalità espressiva e relazionale del tutto autoreferenziale, un codice comunicativo incapace di guardare all' alterità come ricchezza e come investimento libidico. Il narcisista non è uno che "non" vede l' altro, ma uno che "vede male" se stesso e, dunque, la realtà che lo circonda, l' investimento libidico, per dirla con Freud, "nutre" esclusivamente l' Ego a detrimento di qualsiasi altro meccanismo percettivo-relazionale. L' esito distorsivo ultimo del narcisismo può essere il delirio ed anche la paranoia potrebbe aggiungersi e complicare un eventuale quadro clinico. A questo livello non si può parlare in alcun modo di autostima, perché quest' ultima va a toccare i gangli vitali dell' io esattamente al punto di congiunzione delle relazioni primarie e fondamentali: la relazione con se stesso e, di conseguenza, la relazione con gli altri. Ci troviamo, dunque, nella sfera della massima concretezza: le relazioni primarie. Non è neppure lontanamente concepibile una realtà concreta come l' autostima, talvolta ridotta ad una formula spettacolare o ad uno slogan pubblicitario, che definisce l' oggettiva tenuta dell' assetto relazionale dell' io e la sanità del nesso io-tu. Stimare se stessi significa, in primo luogo, amarsi, ma guardando alla ricchezza della sfera relazionale. Partire da un io maturo e consapevole rilancia una responsabilità specifica nei confronti degli altri e fa sì che l' individualità si faccia realmente personalità. L' individualità è sempre personale, cioè relazionale in senso stretto.
L' autostima, così, lungi dall' essere una realtà metafisica o un passepartout per motivatori evergreen, si colloca nell' ambito dell' esperienza umana e solidamente concreta dell' individuazione. Questo ambito connota una realtà che deve costantemente essere nutrita ed alimentata. Questo è il fiore, il meraviglioso fiore che va annaffiato ogni giorno.
L' autostima è un' esperienza e fare un' esperienza, in termini di psicodinamica, significa accorgersi di crescere. Significa, in primo luogo, accorgersi di vivere ed agire nel presente grazie alla propria unicità , che non ammette confronti di nessun genere, poiché essere unici significa essere "incomparabili" nel senso letterale: io sono e tanto basta !.
L' esito più affascinante e fecondo del percorso di realizzazione dell' autostima è proprio la scoperta e la ri-scoperta della propria assoluta unicità, la quale spinge la persona ad essere protagonista in modo creativo ed originale. Dall' essere unici si snoda una linea che conduce all' azione efficace ed alla "conquista" di uno mondo vitale originale.
Il "fare" si declina sempre sulla base dell' "essere" e l' Essere è una realtà ben più estesa dell' io e delle sue funzioni operative, riguarda la duplice connessione consapevolezza-esistenza. La persona dotata di autostima autentica può definirsi persona consapevole e forse è giunto il tempo di gettare alle ortiche la paroletta magica "autostima" e di parlare soltanto di "consapevolezza".
Perché non cominciare subito, in questo istante?.

tratto da psicopedagogika.it

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